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Quando la violenza entra nella scuola

26 giugno 2010

Lettera aperta al direttore del DECS Gabriele Gendotti.

Onorevole consigliere di Stato, la presente lettera viene a Lei estesa sotto forma di «lettera aperta», tenuto conto dell’importanza del tema. Le nostre figlie hanno frequentato e terminato quest’anno la Scuola media di Massagno. Un anno e mezzo fa una figlia ha subito un’aggressione fisica ad opera di una «banda giovanile», di cui faceva parte una compagna di classe, nota alla Direzione. Di seguito entrambe le figlie hanno subito continue angherie e provocazioni, sino al termine del ciclo scolastico.

L’aggressione è stata oggetto di denuncia penale risoltasi con una sentenza di condanna da parte della Magistratura dei minorenni a carico di sei ragazze, sconosciute alle nostre figlie, ad eccezione della compagna di classe, facente parte del gruppo.

Purtroppo la pena, invero assai mite, non ha scoraggiato per nulla i compagni di classe che sino all’ultimo hanno inveito con fatti, parole ed atteggiamenti plateali nei confronti delle due ragazze, rovinando a queste ultime il periodo scolastico, come pure la vita quotidiana al di fuori dell’ambiente scolastico. I problemi sorti a seguito dell’aggressione fisica sono stati tali da provocare alle nostre figlie (ancora oggi) seri problemi sia a livello fisico che a livello emotivo.

Ci siamo persino trovati costretti a richiedere il cambiamento di classe per una di loro, richiesta peraltro contestata dalla Direzione della Scuola. Inoltre la Direzione della scuola ha esplicitamente consigliato, nell’ambito della gita scolastica di fine anno, in considerazione di tali problematiche, la non partecipazione delle nostre figlie a tale gita, permettendo agli elementi disturbatori di partire in gita. In altre occasioni socio-scolastiche le ragazze sono state emarginate ed isolate. Consci che il problema della violenza giovanile non sia di facile risoluzione, onorevole consigliere di Stato, le denunciamo il fatto che nulla di concreto, a nostro avviso, è stato intrapreso nei confronti di queste persone. La scuola non ha minimamente sanzionato questi comportamenti, le persone che hanno trattato il caso alla fine non hanno risolto nulla, tutto è proseguito nel tentativo, riuscito, di portare a termine il ciclo quadriennale di scuola sperando che con la partenza di questi «elementi» tutto tornasse alla calma.

Siamo sicuri che con questa «tattica» il problema della violenza giovanile non sarà risolto. In primis le famiglie, ma sia la scuola che le istituzioni, nel caso concreto, hanno adottato la tecnica dello struzzo, non volendo affrontare di petto il problema. Morale di tutta la vicenda: la parte lesa è stata emarginata e lasciata al libero arbitrio della «banda» mentre i membri di quest’ultima, senza minimamente subire conseguenze a seguito del loro codardo atteggiamento, hanno potuto terminare il loro ciclo di studi e di sicuro proseguire altrove le loro trovate a scapito di future vittime.

Onorevole consigliere di Stato, chiediamo cortesemente a Lei, quale direttore del Dipartimento dell’istruzione, di intraprendere tutti i passi necessari affinché siano adottate misure concrete nei confronti di chi perturba il normale andamento di una scuola pubblica. Di sicuro, l’entrata in scena di persone o enti sociali pubblici in questi casi non serve a niente. Certi atteggiamenti, aggressivi e violenti socialmente, se perpetrati da giovani nell’ambito della scuola pubblica necessitano punizioni più dure e sanzioni efficaci. La ringraziamo per l’attenzione prestata al presente scritto e per tutto quanto metterà in atto per debellare la violenza e l’aggressività nelle nostre scuole.

Lettera al Corriere del Ticino
del 26.06.2010
di Simone e Rossana Mattiello, Massagno

Posted in La pratica educativa: valori, norme, comportamenti, Progetti, Rapporto tra scuola e società | Tagged allievo, educazione, formazione, genitore, insegnamento, istituzione, rapporto, scuola, società, studente | Lascia una Risposta

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